La revisione dei prezzi, nell’ambito dei contratti ad esecuzione periodica o continuativa, è disciplinata dall’art. 6 della Legge n. 537 del 1993 e dall’art. 115 del D. Lgs. n. 163 del 2006.
La recente giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di approfondire una questione di grande rilievo: può la revisione essere applicata solamente alle proroghe contrattuali od, anche, in caso di rinnovi e/o successivi contratti di contenuto identico all’originario?
Sul tema, l’art. 6 della Legge 24 dicembre 1993 n. 537 ha introdotto l’obbligo di adeguamento dei prezzi dei contratti pubblici ad esecuzione continuativa o periodica, ma soltanto in diminuzione in rapporto ai prezzi di aggiudicazione; l’art. 115 del Codice dei Contratti Pubblici, richiamando il disposto della precedente norma, ha previsto l’obbligo di inserimento di una clausola di revisione periodica del prezzo per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa.
È bene precisare che costituiscono rinnovi i contratti che sono successivi al contratto originario, con i quali viene data “vita” a nuovi ed autonomi rapporti giuridici, aventi un contenuto analogo a quello originario; la proroga, invece, sussiste quando vi è una precisa conferma delle precedenti condizioni o, comunque, si è in presenza di limitate modifiche, con l’effetto della dilazione del termine finale del contratto.
Orbene, con una recente pronunzia, il Consiglio di Stato ha “sciolto” il nodo relativo all’ambito di applicazione della clausola di revisione dei prezzi, statuendo che: “La revisione dei prezzi di cui agli artt. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537 e 115 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 si applica solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso a monte, ma non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, mediante specifiche manifestazioni di volontà, è stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario per quanto concerne la remunerazione del servizio, senza che sia stata avanzata alcuna proposta di modifica del corrispettivo, che pure la parte privata era libera di formulare; la proroga del termine finale di un appalto, infatti, comporta il solo differimento del termine di scadenza del rapporto (il quale resta regolato dalla sua fonte originaria), mentre il rinnovo del contratto costituisce una nuova negoziazione con la controparte, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale attraverso cui vengono liberamente pattuite le condizioni del rapporto” (Consiglio di Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 209).
In sostanza, se la fonte del rapporto cambia, per rinnovo o instaurazione di contratti successivi, non si potrà invocare l’adeguamento dei prezzi ex art. 115 del Codice dei Contratti Pubblici; mentre, in caso di proroga, troverà applicazione la clausola di revisione dal momento che il rapporto contrattuale rimane regolato dall’atto originario.
Dott. Rosario Giommarresi