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ABBANDONO DELLA CASA CONIUGALE E PERDITA DEL POSSESSO – TRIBUNALE DI RAGUSA, ORDINANZA DEL 14 GIUGNO 2016

La situazione di compossesso della casa coniugale, a seguito dell’abbandono da parte di un coniuge, deve essere valutata con specifico riferimento alle peculiarità del caso concreto. In tal senso, nell’ambito di un ricorso cautelare ante-causam per reintegrazione nel possesso, ex art. 703 c.p.c., 669 bis e seguenti c.p.c., art 1168 c.c., il Giudice designato del Tribunale di Ragusa si è pronunciato con ordinanza emessa il 14.06.2016.

In particolare il Giudice pur condividendo, in linea astratta, quell’orientamento giurisprudenziale (per lo più di merito) a mente del quale il mero abbandono della casa coniugale non implica, ex se, la perdita del possesso sulla stessa da parte del coniuge allontanatosi (cfr. Appello Catania, 27.05.2008; Trib. Verona, 23.09.2015), ha ritenuto tuttavia che la situazione di compossesso (comunque connaturata alla posizione di coniuge separato di fatto) potesse ritenersi cessata sulla scorta dell’esame di elementi concreti emersi in fase istruttoria.

Nel caso in questione, la ricorrente aveva lasciato l’immobile adibito a casa coniugale ma aveva dedotto, in ricorso, la sussistenza del compossesso sul citato immobile (di cui era anche comproprietaria unitamente al coniuge), in ragione del possesso delle chiavi d’accesso allo stesso e della custodia di alcuni beni personali all’interno della casa medesima.

Per tali ragioni chiedeva di essere reintegrata nel possesso dell’appartamento a seguito dello spoglio, a suo dire violento e clandestino, posto in essere dal resistente con la sostituzione della serratura della porta d’ingresso.

Orbene, premessa la pacifica ammissione da parte del resistente della propria condotta sostitutiva della serratura d’accesso dall’appartamento, nella fase istruttoria emergeva: 1) il considerevole lasso temporale intercorso dall’allontanamento dalla casa (almeno quadriennale); 2) la mancata richiesta di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione; 3) che, in occasione delle visite sporadiche presso la casa coniugale, la ricorrente non aveva fatto uso delle chiavi ma aveva citofonato attendendo l’apertura della porta; 4) che era stato il resistente a predisporre gli scatoloni con gli effetti personali della ricorrente.

Tali elementi rappresentavano la prova di una condotta permissiva (e di mera tolleranza) posta in essere dal resistente, che consentiva il mantenimento delle chiavi da parte della ricorrente e la custodia di pochi effetti personali della medesima.

Dalle superiori circostanze, il Giudice del Tribunale di Ragusa ha dedotto la carenza di una reale situazione di compossesso, a fronte di una concreta relazione di fatto qualificata tra il resistente e la cosa e, di conseguenza, ha rigettato il ricorso per reintegra nel possesso con condanna alla refusione delle spese di lite a carico della ricorrente.

Avv. Antonella Barbera

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