Vittoria:0932988547
Catania:0952884586

Modelli organizzativi 231 e crisi di impresa.

Negli ultimi anni il Modello Organizzativo di cui al D.Lgs. 231/01 ha subito numerose rivitalizzazioni a seguito di implementazioni e nuovi aggiornamenti che hanno consentito allo stesso di presentarsi come uno strumento più versatile e più efficace non solo sotto il profilo dei reati c.d. presupposto ma anche sotto ulteriori profili rientranti in altri settori del diritto.

Tra i molteplici aspetti assunti viene oggi in rilievo il Modello di prevenzione 231 quale strumento indispensabile per rilevare, e dunque evitare, la crisi di impresa.

E’ proprio il nuovo Codice della crisi e della insolvenza, all’art. 375, che impone proprio di costruire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili.

Infatti, l’art. 375 Codice ha introdotto un nuovo comma all’art. 2086 c.c., ponendo in rilievo la finalità connessa alla costruzione di adeguati assetti (organizzativi, amministrativi e contabili) funzionali a rilevare tempestivamente la crisi d’impresa e la perdita della continuità aziendale. Con tale previsione, la riforma di prossima ed imminente attuazione, ha di fatto conferito ai modelli previsti dal D.Lgs. 231/2001 una duplice veste: quella di strumenti necessari non solo per prevenire la commissione di reati e salvare le società della conseguente responsabilità c.d. “penale”, ma anche per evitare il fallimento.

Il Codice della, da una parte, ha esteso gli obblighi organizzativi a carico degli amministratori di qualsiasi impresa che operi in forma societaria o collettiva; dall’altro, ha posto l’accento sulla funzionalità degli assetti a far emergere con tempestività la crisi d’impresa, prima che la stessa finisca per incidere in modo irreversibile sulla continuità aziendale con inevitabile ricorso a soluzioni liquidatorie.

Al fine della costruzione di adeguati assetti elemento importante è da individuare nell’attività di compliance 231, in considerazione della stretta correlazione esistente tra la materia della prevenzione dei reati (artt. 6 e 7 D.Lgs. 231/2001) e quella della prevenzione della crisi di impresa, che trovano il loro comune denominatore nella costruzione di adeguati assetti organizzativi, in grado non solo di prevenire la commissione dei reati presupposto, soprattutto attraverso la regolazione delle modalità di formazione delle decisioni aziendali e di gestione delle risorse finanziarie, ma anche di riflettersi sul controllo della gestione e la prevenzione della crisi aziendale, a supporto delle finalità del Codice.

Infatti, il legislatore, prescrive alle imprese, da una parte, di adottare “modelli organizzativi di gestione e di controllo” ai fini della compliance 231 ed in particolare “idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”, nonché “a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio” (artt. 6 e 7 D.Lgs. 231/01), dall’altra impone loro di istituire “un assetto organizzativo, amministrativo e contabile […] anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”, anche in forza dell’art. 2086 c.c., comma 2, introdotto dal nuovo Codice.

La stretta correlazione sopra evidenziata determina in capo alla funzione di governo dell’impresa il compito di agevolare l’integrazione tra le procedure di compliance 231 e le procedure di allerta del Codice della crisi, attraverso modalità operative tese al consolidamento dei rapporti tra la governance, gli organi di controllo e quelli di vigilanza.

L’applicazione integrata delle due discipline potrebbe consentire alle imprese di articolare una rete di protezione verso quei fattori endogeni ed esogeni che ne possono compromettere lo stato di salute, la competitività, la continuità operativa. Il collaudato sistema della compliance 231 diventa strumento di utilità per il sistema di rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, inserendosi efficacemente nella dinamica dell’impresa, a beneficio degli amministratori, degli organi di controllo e degli stessi creditori sociali alla cui tutela si riconduce, in ultima analisi, la finalità della norma.

Più specificamente, nell’ambito delle procedure atte a garantire la compliance 231, i modelli prevedono, quali strumenti di vigilanza dell’organismo preposto: a) l’attivazione di appositi flussi informativi sulle attività c.d.; b) l’effettuazione di verifiche, anche non programmate, di compliance; c) l’esame e la valutazione di segnalazioni ricevute in ordine a violazioni del modello con eventuale irrogazione di provvedimenti disciplinari; d) le informative periodiche dell’Organo di vigilanza all’organo amministrativo. L’insieme di queste attività consente di espletare le funzioni di vigilanza funzionali alla prevenzione dei reati di cui al D.Lgs. 231/2001, ma altresì di rilevare fatti aziendali dai quali possano emergere potenziali situazioni di malessere dell’impresa, indicatori di una crisi insorgente, da affrontare con interventi correttivi e/o strumenti tra quelli previsti nell’ambito del Codice della crisi ai fini della gestione dell’allerta, prima che la stessa degeneri sino a divenire irreversibile.

Pertanto, l’adozione di un modello integrato per attuare il sistema 231 e, al contempo, preservare l’impresa dalla crisi può, quindi, agevolare il raggiungimento delle diverse finalità poste dal legislatore nelle norme di riferimento, in un contesto ove gli operatori del settore dovranno considerare i parametri di riferimento della novità legislativa nell’elaborare gli assetti organizzativi (governance e processi di controlli integrati), quelli amministrativi (procedure operative di funzionamento dei processi aziendali e di gestione delle risorse finanziarie) e contabili (integrazione tra processi di business e quelli amministrativi).

Il c.d. modello integrato, in definitiva, intende superare quei modelli cartolari e statici frequentemente percepiti come meri adempimenti di ordine burocratico, rappresentando quindi uno strumento costruito ad hoc sull’organizzazione, adeguato alla natura e alle dimensioni di quelle imprese che, seppur in crisi, non debbono abbandonare la prospettiva della continuità aziendale.

Avv. Salvatore Brighina

Leave a comment