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AMPLIAMENTO DEL CIMITERO COMUNALE MEDIANTE PROJECT FINANCING: LA MANCATA LESIONE DELLA SFERA GIURIDICA DEL PROPONENTE RENDE IL RICORSO INAMMISSIBILE – TAR SICILIA CATANIA, SEZ. III, 11/03/2022, N. 706.

Con sentenza n. 706 dell’11/03/2022, il TAR Sicilia Catania ha rigettato il ricorso promosso da una società che, dopo aver proposto il project financing, aveva impugnato la delibera consiliare di approvazione del Programma delle Opere Pubbliche 2021/2023, nella parte in cui aveva stabilito lo stralcio del progetto preliminare in variante allo strumento urbanistico relativo all’ampliamento del cimitero comunale, spiegando, altresì, un’azione risarcitoria di quasi due milioni di euro.

Il TAR Catania, tuttavia, ha rigettato il gravame, di fatto accogliendo la tesi difensiva sostenuta da un Comune, rappresentato e difeso in giudizio dall’Avv. Giovanni Francesco Fidone.

In particolare, il Tribunale Amministrativo etneo ha ritenuto non concretizzata alcuna lesione della sfera giuridica del soggetto proponente, in quanto non era ancora stato approvato il progetto di ampliamento del cimitero in variante al vigente strumento urbanistico.

Ad avviso del Collegio, quindi, in assenza di tale conditio juris, il soggetto proponente <<non potrà in alcun modo ritenersi leso in modo attuale e concreto dall’avvenuto stralcio del progetto presentato dal piano triennale delle opere pubbliche, perché comunque tale progetto non è allo stato assurto al rango di un “progetto di fattibilità approvato” che possa essere “posto a base di gara”>>.

Il ricorso della società è stato ritenuto inammissibile per carenza di interesse, atteso che, nel caso di specie, la mancanza dell’approvazione del progetto di ampliamento del Cimitero, proposto dalla ricorrente, in variante al vigente strumento urbanistico <<determina l’assenza della qualità di “progetto di fattibilità approvato” in relazione a quello presentato dalla predetta società>>.

Premessa la rilevata carenza di interesse, il TAR ha in ogni caso ritenuto non fondata la pretesa risarcitoria, erroneamente estesa dalla ricorrente al lucro cessante e non soltanto al c.d. “interesse negativo”.

Sul punto, il Collegio ha fatto notare che l’interruzione della procedura di project financing aperta dalla proposta della società ricorrente <<non è soltanto il frutto di scelte (in tesi) “illegittime” ed “arbitrarie” del Comune intimato: ma (anche) del mancato realizzarsi della (seconda, nel caso di specie) conditio juris necessaria affinchè la proposta presentata potesse divenire un “progetto di fattibilità approvato” che fosse possibile porre “a base di gara”>>.

A ciò si aggiunga che la società non ha sviluppato alcuna argomentazione specifica con riguardo a come il comportamento dell’Amministrazione intimata si sarebbe discostato dai canoni della buona fede, in relazione al procedimento per l’approvazione del progetto di ampliamento del Cimitero proposto dalla ricorrente.

Spetta al ricorrente, infatti, fornire elementi concreti al giudice adito per poter “vagliare” se effettivamente sia mancato il rispetto di quel canone di condotta da parte del convenuto.

E ciò è ancor più evidente, anche laddove si tratti <<dell’attività di attuazione dell’elemento potestativo di una condizione mista, quale effetto “ex lege” del contratto” (cfr. Cass. Civ., SS. UU., sentenza 19 settembre 2005, n. 18450), nel caso di specie rappresentato dall’esercizio dei propri poteri di programmazione urbanistica da parte del Comune…>>.

Del resto, è pur vero che ogni atto di programmazione urbanistica <<sconta il fatto di una valutazione ad amplissimo spettro, dove molteplici sono gli interessi antagonisti che entrano fra loro in ponderazione, giustificando pertanto la linea di self-restrainment cui si attiene la prevalente giurisprudenza amministrativa nel valutare la ragionevolezza delle decisioni assunte dalle competenti Autorità amministrativa (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 30 gennaio 2020, n. 751; Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2 settembre 2019, n. 6050; Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 5 marzo 2013, n. 1323)>>.

Sotto tale profilo, dunque, il Collegio ha respinto la domanda risarcitoria promossa dalla ricorrente, per mancata osservanza dell’onere della prova circa l’integralità dei fatti costitutivi della pretesa.

 

Avv. Rosario Giommarresi

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