Vittoria:0932988547
Catania:0952884586

LA CONTESTAZIONE NELL’ESAME TESTIMONIALE

La contestazione nell’esame testimoniale è regolata dagli artt. 500 e 503 c.p.p.

Si procede a contestazione quando durante l’acquisizione della prova in dibattimento emerge un contrasto fra la dichiarazione dibattimentale e la dichiarazione precedentemente resa nel corso delle indagini preliminari.

La contestazione mira a mettere in dubbio la credibilità della persona che in dibattimento rende una versione dei fatti differente o a permettere allo stesso soggetto di ponderare quanto affermato in dibattimento o di spiegare le ragioni per cui ha fornito una versione differente.

La finalità della contestazione è quindi quella di vagliare l’attendibilità e la credibilità del testimone o del dichiarante (es. perito, consulente tecnico) al fine di valutare se può darsi credito ad una persona che, in contesti differenti, non fornisca la stessa versione di fatti su cui è chiamato a deporre.

Tecnicamente la contestazione consiste nella lettura della dichiarazione precedentemente resa dall’esaminato (il cui verbale è contenuto nel fascicolo del P.M.) nella parte in cui presenta contrasti o discrepanze rispetto a quella resa in dibattimento e chiedere conto al deponente dei motivi di tali contraddizioni.

Ove il testimone non rettifichi, a seguito di contestazione, la dichiarazione resa in dibattimento, si pone il problema dell’utilizzabilità del verbale delle precedenti dichiarazioni ai fini della decisione.

L’art. 500 c.p.p. al comma 2 dispone che le dichiarazioni lette per le contestazioni possono essere valutate esclusivamente ai fini della credibilità del teste e non come elemento di riscontro o come prova dei fatti narrati, non possono dunque essere acquisite al fascicolo per il dibattimento.

Alla regola generale secondo cui la prova si forma in contraddittorio tra le parti si contrappongono, tuttavia, alcune eccezioni previste dal medesimo art. 500 c.p.p. al 4° comma, che consentono l’utilizzo delle precedenti dichiarazioni come vera e propria prova del fatto narrato.

  • DICHIARAZIONI DEL TESTIMONE MINACCIATO: Quando si desume che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità, affinché non deponga o deponga il falso, ai sensi del 4°comma dell’art. 500 c.p.p. le dichiarazioni contenute nel fascicolo del PM, precedentemente rese dal testimone, sono acquisite d’ufficio al fascicolo del dibattimento e le dichiarazioni rese in dibattimento dal testimone che si è rifiutato di sottoporsi all’esame o al controesame, possono essere utilizzate. La Cassazione su quest’ultimo aspetto ha però chiarito che le dichiarazioni precedentemente rese sono acquisite o utilizzate solo nel caso in cui il testimone non deponga assolutamente; se invece il testimone depone occorre procedere all’esame e alle relative contestazioni. Si tratta di un’applicazione diretta dell’art. 111 comma 5 Cost., che consente una eccezione al principio del contraddittorio in caso di provata condotta illecita.

L’intento perseguito dal legislatore è quello di evitare l’inquinamento delle prove, soprattutto in processi da particolare complessità e delicatezza dove la possibilità per un testimone di essere sottoposto a “pressioni” è molto elevata, ad es. i processi contro la criminalità organizzata o violenza sessuale.

La Cass. Pen., sez. III, 21.11.2006 ha chiarito che nei procedimenti per violenza sessuale anche la riappacificazione tra vittima ed imputato può costituire “elemento concreto” idoneo ai sensi del 4° comma dell’art 500 c.p.p. ad inficiare la genuinità della testimonianza della persona offesa nel senso che, non essendo rimettibile la querela. potrebbe essere indotta, visto il riavvicinamento con l’imputato, a ridimensionare le dichiarazioni accusatorie precedentemente rese.

Inoltre la Cass. Pen., sez. II, 22.09.2011 ha statuito che le dichiarazioni pre- dibattimentali del testimone, che abbia a ritrattare in ragione della “sudditanza psicologica” nei confronti dell’imputato, non sono acquisibili al fascicolo del dibattimento, perché la previsione dei casi in cui l’acquisizione è ammessa – per violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altra utilità come strumenti di inquinamento probatorio della testimonianza – è tassativa.

  • DICHIARAZIONI RESE NELL’UDIENZA PRELIMINARE: a richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal GUP durante l’Udienza Preliminare sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova a due condizioni:
  1. Sono state utilizzate per le contestazioni dibattimentali;
  2. Le parti nei cui confronti deve prodursi l’effetto probatorio hanno partecipato alla loro assunzione.
  • DICHIARAZIONI ACQUISITE SU ACCORDO DELLE PARTI: le dichiarazioni, come qualsiasi altro atto, contenute nel fascicolo del Pubblico Ministero sono utilizzabili dal giudice ai fini della decisione se vi è consenso delle parti, acquisendo così validità probatoria.
  • TESTIMONE CHE RIFIUTA L’ESAME DI UNA PARTE: se il testimone (o un altro dichiarante) rifiuta di sottoporsi all’esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni che il testimone ha reso ad altra parte.

Tale disciplina si applica anche alle dichiarazioni rese dall’indagato in un procedimento connesso.

Avv. Sandra Amarù

Leave a comment