Con sentenza n. 9725 dell’08.06.2023, il TAR Lazio Roma – Sezione IV ha accolto il ricorso di un docente, rappresentato e difeso in giudizio dagli Avvocati Giovanni Francesco Fidone, Rosario Giommarresi e Giulia Cerrelli, con il quale lo stesso aveva impugnato il silenzio del Ministero dell’Istruzione e del Merito, formatosi sulla istanza di riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno (T.F.A.) conseguito in Spagna per la scuola secondaria di secondo grado.
Ha osservato il Collegio che il termine per la conclusione del procedimento di riconoscimento del titolo per l’abilitazione all’insegnamento di sostegno, fissato dalla direttiva 2005/36/CE (recepita nell’ordinamento nazionale con il D. Lgs. 206/2007), non può essere superiore a quattro mesi dalla data di presentazione della relativa domanda, ai sensi dell’art. 16, comma 6, dello stesso D. Lgs. 206/2007.
Nel caso di specie, tale termine risultava scaduto alla data di proposizione del ricorso, per cui sussiste, a detta del TAR capitolino, il silenzio-inadempimento del Ministero resistente, con conseguente accoglimento del ricorso.
Ai fini del riconoscimento del titolo estero, il TAR ha, inoltre, richiamato quanto rilevato dal Giudice d’appello (cfr. Sez. VII, 7 febbraio 2023, n. 1361), sulla base dei principi stabiliti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenze nn. 19, 20, 21 e 22 del 29 dicembre 2022, rese con riferimento al riconoscimento dei titoli di formazione professionale relativi al ciclo di studi post-secondari acquisiti in Romania, ma i cui principi rivelano positiva sovrapponibilità rispetto ai titoli conseguiti in qualsiasi Stato membro dell’Unione Europea); in particolare, <<con riferimento all’obbligo, in capo al Ministero dell’Istruzione e del Merito: – “di esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito all’estero …, tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno”; – e di “valutare l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo, se del caso, opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE”; con salvaguardia del principio, enunciato dalla Corte di Giustizia, per il quale «spetta all’autorità competente verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle […] sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato
chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi» (cfr. Corte Giustizia dell’Unione Europea, 13 novembre 2003, in causa C-313/01, Morgenbesser)>>.
Il Ministero dovrà quindi esaminare la documentazione trasmessa dal docente, con particolare riferimento al percorso di studi svolto all’estero ed ai titoli conseguiti in altro Paese membro della UE.
Avv. Rosario Giommarresi