In materia di etichettatura dei prodotti alimentari, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunziata su una annosa questione, relativa alla denominazione da inserire sulle confezioni dei prodotti alimentari a base vegetale.
In particolare, con sentenza n. 63 del 14/06/2017, la C.G.U.E. ha accolto le ragioni di un’associazione tedesca che aveva agito giudizialmente nei confronti di una società produttrice di alimenti interamente vegetali, in quanto quest’ultima inseriva, sulle confezioni di tali prodotti, la stessa “dicitura” utilizzata per quelli lattiero-caseari.
Secondo la C.G.U.E., infatti, <>.
La Corte ha osservato che, ai fini della commercializzazione dei prodotti di cui si discute, la legislazione comunitaria ha riservato la possibilità di utilizzare in etichetta il termine “latte” solo per quanto concerne il latte di origine animale.
Pertanto, le denominazioni di “latte”, “crema”, “burro”, “formaggio” o “yogurt” non possono essere utilizzate per indicare un prodotto a base interamente vegetale, salvo che si tratti di eccezioni legislativamente previste.
Alla luce di tale sentenza, deve ritenersi non più sufficiente indicare in etichetta alcune descrizioni o chiarificazioni che possano evidenziare l’origine vegetale del prodotto, qualora la denominazione utilizzata per quest’ultimo sia riconducibile a prodotti lattiero-caseari.
Sul punto, anche il Regolamento comunitario n. 1234/2007, all’Allegato 12, relativo alle “Definizioni e denominazioni relative al latte e ai prodotti lattiero-caseari di cui all’articolo 114, Paragrafo 1”, ha stabilito che “La denominazione «latte» è riservata esclusivamente al prodotto della secrezione mammaria normale, ottenuto mediante una o più mungiture, senza alcuna aggiunta o sottrazione”.
La “freschissima” pronunzia della C.G.U.E. si pone assolutamente in linea con il principio, già espresso nei “Considerando” della Direttiva Comunitaria n. 13/2000, alla stregua del quale “qualsiasi regolamentazione relativa all’etichettatura dei prodotti alimentari deve essere fondata anzitutto sulla necessità d’informare e tutelare i consumatori” (Considerando n. 6 della Direttiva Comunitaria n. 13/2000); difatti, ciò che consente al consumatore di operare la propria “scelta” con consapevolezza è chiaramente riconducibile ad “un’etichettatura adeguata concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto” (Considerando n. 8 della Direttiva Comunitaria n. 13/2000).
Quindi, in ossequio al disposto della sentenza in esame ed al fine di evitare indicazioni fuorvianti per i consumatori, le aziende che producono alimenti a base interamente vegetale dovranno utilizzare la denominazione “bevanda vegetale a base di”, scevra di riferimenti a denominazioni usate per prodotti di origine animale, se non vogliono incorrere nella violazione della legislazione comunitaria che disciplina la materia in questione.
In ultima analisi, pare opportuno precisare alcune eccezioni: la denominazione di “bevanda vegetale” non si estende al latte di mandorla e di cocco, in quanto l’utilizzo di tali diciture è ormai considerato tradizionale nella fase di commercializzazione e pubblicizzazione di tali prodotti.
Vittoria, 22 giugno 2017.
Avv. Rosario Giommarresi