In tema di trasferimenti per il personale della Guardia di Finanza, la mobilità interna c.d. “a domanda” ha rappresentato un vero e proprio strumento utile a coniugare le esigenze del servizio con le aspettative del personale.
Tale modalità di trasferimento ha subìto, negli ultimi tempi, una drastica riduzione in favore delle procedure straordinarie di mobilità che, di converso, sono state caratterizzate da numeri sempre crescenti.
Le molteplici domande di trasferimento presentate dal personale della Guardia di Finanza hanno determinato limiti stringenti alla possibilità di usufruire della mobilità straordinaria, essendo stato, altresì, soppresso l’istituto del c.d. “distacco” ed essendo stati fortemente limitati i trasferimenti per mandato elettorale.
Con particolare riferimento alle differenze tra i trasferimenti ordinari e i trasferimenti straordinari del personale militare, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di rilevare che <> (TAR Lazio Roma, Sez. II, 04/12/2020, n. 13028).
In dettaglio, l’istituto del trasferimento per situazioni straordinarie possiede natura eccezionale ed è subordinato a stringenti e rigorosi requisiti.
La natura dell’istituto consente, infatti, di derogare alle periodiche procedure di mobilità -che rappresentano la norma per i movimenti del personale del Corpo- nei casi di assoluta gravità, la cui urgenza, delicatezza ed indifferibilità: “a) da un lato rende oggettivamente impossibile seguire i tempi e le procedure dell’ordinario iter; b) dall’altro giustifica lo scavalcamento nell’ordine di priorità nei movimenti, favorendo l’interessato a scapito di altri colleghi potenzialmente interessati, in ipotesi in possesso pure di titoli poziori (per anzianità o merito)”.
Ebbene, consolidata giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che la concessione del trasferimento dei militari presuppone l’esercizio di un’ampia discrezionalità amministrativa, rispetto alla quale non è ammissibile un sindacato sostitutivo del Giudice Amministrativo (cfr. ex multis, TAR Lazio Roma, Sez. II, 04/12/2020, n. 13028).
Il provvedimento di concessione del trasferimento per il personale della Guardia di Finanza ed, in generale, per il personale militare, deve rappresentare il “frutto” di un delicato bilanciamento di interessi pubblici e privati.
Difatti, nell’ambito dell’impiego militare, le esigenze personali e familiari del singolo militare sono strutturalmente recessive rispetto all’interesse del Corpo di appartenenza all’ottimale allocazione sul territorio del personale, quale strumento organizzativo funzionale al migliore soddisfacimento delle attribuzioni istituzionali.
In concreto, dunque, i provvedimenti che dispongono il trasferimento degli appartenenti alle Forze Armate -ivi compresi quelli assunti per ragioni di incompatibilità ambientale- sono qualificabili come ordini, rispetto ai quali l’interesse del militare a prestare servizio in una sede piuttosto che in un’altra assume, di norma, una rilevanza di mero fatto, che non abbisogna di particolari garanzie di partecipazione preventiva, quale è quella di cui all’art. 7 della l. n. 241/1990.
L’Amministrazione, e in particolar modo quella militare stante la sua specificità, nell’ambito della propria discrezionalità, può e deve effettuare un bilanciamento tra gli interessi propri e del dipendente che chieda disporsi, a titolo esemplificativo, il trasferimento per assistere un parente affetto da handicap, anche tenendo conto del fatto che sussistono ulteriori congiunti viciniori al disabile, astrattamente non impossibilitati a prestare la dovuta assistenza.
Infatti, sebbene “l’esclusività dell’assistenza non sia più un requisito necessario per accogliere l’istanza di trasferimento del dipendente, tuttavia ciò non toglie che le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione non debbano neanche essere aprioristicamente e sempre sacrificate rispetto a quelle, ad esempio, di altri congiunti del dipendente che ha presentato l’istanza e che, pur essendo anch’essi nell’astratta condizione di poter prestare assistenza, invocano, per esentarsene, le proprie esigenze lavorative o familiari o di studio” (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. VI, 28/09/2018, n. 5670).
L’Amministrazione, dunque, è chiamata ad esercitare una valutazione discrezionale, nel corso della quale è tenuta a conoscere e valutare le circostanze di fatto della specifica situazione, al fine di appurare se effettivamente l’istanza non sia configurabile come strumentale ad ottenere un trasferimento al di fuori dei canali regolamentari e in tale ambito deve quindi valutare se sia necessariamente e unicamente il militare a poter e dover prestare la dovuta assistenza e se, quindi, sussistono i presupposti che impongano in qualche modo di sacrificare le esigenze operative e organizzative dell’Amministrazione.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa, il principio giuridico alla stregua del quale nella procedura volta al trasferimento di un militare per l’assistenza a persona portatore di handicap, l’amministrazione deve considerare i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non può subordinare ad essi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, ai quali nel bilanciamento degli interessi, deve riconoscersi priorità.
In somma sintesi, quindi, l’Amministrazione deve disporre il trasferimento “ove possibile”, secondo l’accezione sopra rappresentata; “ove, però, non ritenga di poter accogliere la correlata domanda, proprio al fine di bilanciare gli interessi in gioco, in considerazione della finalità di tutela del portatore di handicap dell’art. 33, l. n. 104 del 1992, deve adeguatamente motivare in ordine alle ragioni ostative al movimento di sede richiesto” (si veda TAR Sicilia Catania, Sez. III, 31/08/2012, n. 2045 ma anche Cons. St., sez. IV, 11 febbraio 2011 n. 923).
Avv. Rosario Giommarresi