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ACCORDI TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI: VALENZA PUBBLICISTICA E ANALISI DELLE CARATTERISTICHE – COMMENTO A CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III, 25/08/2021, N. 6034

Con la recente pronunzia in commento, i Giudici di Palazzo Spada si sono occupati del tema degli accordi tra Pubbliche Amministrazioni.

In particolare, il Consiglio di Stato ha avuto modo di evidenziare le caratteristiche dell’accordo tra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 15 della L. 241/1990 e dell’art. 5, comma 6, D.lgs. n. 50/2016.

L’art. 15 della Legge n. 241/1990 consente alle amministrazioni pubbliche di concludere tra loro accordi al fine di disciplinare “lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”.

L’interesse comune si configura per garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico tutte le volte in cui la funzione o il servizio è comune agli Enti, ma anche quando si realizzi una collaborazione istituzionale per lo svolgimento di attività di interesse pubblico comuni e sempre che le attività non abbiano natura patrimoniale ed astrattamente reperibile presso privati.

La peculiare “funzione” degli accordi tra pubbliche amministrazioni è, pertanto, quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti.

Tali accordi si connotano per la loro spiccata valenza pubblicistica, atteso che la volontà delle Amministrazioni non è mai assimilabile ad una “volontà negoziale” fondata sull’autonomia privata, ma è una “volontà discrezionale” funzionalizzata alla tutela degli interessi pubblici.

Trattasi -in buona sostanza- di moduli consensuali ed organizzativi dell’azione amministrativa (che si contrappongono al tradizionale modulo unilaterale provvedimentale pur condividendo, con quest’ultimo, il perseguimento dell’interesse pubblico), di esercizio della potestà pubblica che sostituisce la sequenza procedimentale destinata a sfociare nell’accordo alla pluralità di procedimenti condotti in modo autonomo dalle diverse Amministrazioni.

Posta la connotazione pubblicistica agli accordi tra amministrazioni ex art. 15, l. 7 agosto 1990, n. 241 ed ex art. 30 T.U.E.L., ne consegue, come corollario, che l’Amministrazione possa sempre recedere dall’accordo in quanto tale potere è espressione del principio di inesauribilità del potere pubblico, che caratterizza l’esercizio delle funzioni pubbliche.

Ebbene, il Collegio, richiamando precedente giurisprudenza espressasi sul punto, ha chiarito che l’accordo di cui all’art. 15 della L. 241/1990 deve riguardare l’acquisizione di attività erogata da struttura non solo pubblica, ma anche (e soprattutto) priva di alcuna connotazione imprenditoriale, nell’ampia accezione delineata dall’ordinamento europeo (cfr. C.d.S. Sez. III, 25/01/2012, n. 324; Sez. V, n. 4539/2010).

Sotto altro profilo, il Consiglio di Stato ha analizzato l’art. 5, comma 6, del D. lgs. n. 50/2016, il quale esclude, dall’applicazione del codice, l’accordo concluso tra due amministrazioni, in presenza delle seguenti condizioni:

a) l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.

Il Collegio, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia UE, che ha precisato in quali casi i contratti conclusi nell’ambito del settore pubblico non sono soggetti all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici (Corte giustizia UE sez. IV, 28/05/2020, n.796).

In dettaglio, la Corte ha affermato che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter decidere di fornire congiuntamente i rispettivi servizi pubblici mediante cooperazione senza essere obbligate ad avvalersi di alcuna forma giuridica in particolare”.

In assenza di una nozione comunitaria di “cooperazione”, deve essere valorizzata dall’interprete la circostanza che <<l’intenzione del legislatore dell’Unione fosse quella d’instaurare un meccanismo basato su una cooperazione non autentica o d’ignorare l’effetto utile della cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, occorre rilevare che il requisito di «un’autentica cooperazione» emerge dalla precisazione, enunciata al considerando 33, terzo comma, della direttiva 2014/24, secondo cui la cooperazione deve «fondarsi su un concetto cooperativistico>>.

Infine, il Consiglio di Stato ha statuito che, alla luce delle coordinate ricavabili dalla interpretazione delle norme anche a livello comunitario, sia possibile concludere che “gli affidamenti ad xxx si caratterizzano come accordi tra soggetti pubblici essenziali e funzionali all’interesse pubblico al migliore espletamento del servizio di pubblica necessità”, nel preminente interesse alla salute e, nel contempo, compatibilmente con l’interesse pubblico all’utilizzo di aree del demanio militare per funzioni esclusivamente pubbliche, nell’interesse all’ordinato svolgimento del trasporto aereo.

Avv. Rosario Giommarresi

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