La legge n. 89/2001, c.d. “Legge Pinto”, prevede l’equa riparazione in caso di violazione del temine ragionevole del processo.
Consente di richiedere una riparazione indennitaria per danno patrimoniale o non patrimoniale subito a seguito della lungaggine processuale, in violazione dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 111 della Costituzione Italiana.
La ragionevole durata del processo riguarda ovviamente anche il processo per equa riparazione, che non può avere durata superiore a due anni.
Se anche tale termine viene violato si può infatti promuovere un nuovo giudizio per violazione dei termini di durata del procedimento per equa riparazione.
Quando un procedimento ha una durata ragionevole?
In linea generale si ritiene ragionevole:
- per il primo grado di giudizio la durata di tre anni,
- per il secondo grado la durata di due anni,
- per il grado di legittimità la durata di un anno,
- per i procedimenti di esecuzione forzata la durata di tre anni,
- per le procedure concorsuali la durata di 6 anni.
In ogni caso si ritiene che il termine sia ragionevole quando si arriva entro sei anni ad una pronuncia definitiva.
Nei processi civili il termine inizia a decorrere dal deposito del ricorso introduttivo o dalla notifica dell’atto di citazione.
Nei processi penali il termine inizia a decorrere da quando l’indagato viene a conoscenza del procedimento a suo carico, con atto dell’autorità giudiziaria.
Il termine massimo per proporre ricorso, ai sensi della legge Pinto è di sei mesi dal momento in cui è divenuta definitiva la decisione con la quale il procedimento di eccessiva durata si è concluso.
Tuttavia con la sentenza n. 88 del 21 marzo 2018 la Corte Costituzionale ha statuito che “è possibile proporre il ricorso anche in pendenza del procedimento presupposto”.
La competenza a decidere sui ricorsi per equa riparazione è del Presidente della Corte di Appello nel cui distretto ha sede il Giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo “impugnato”.
Perché si possa presentare domanda per equa riparazione è necessario avere esperito i rimedi preventivi, altrimenti il ricorso è inammissibile.
- Nel processo penale il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di accelerazione da farsi almeno sei mesi prima della scadenza del termine di durata ragionevole.
- Nel processo amministrativo il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di prelievo con la quale segnalare l’urgenza del ricorso.
- Nel processo civile i rimedi preventivi sono:
- Introduzione del giudizio nelle forme del processo sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c
- Richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario ex art. 183 bis entro l’udienza di trattazione e, in ogni caso, almeno sei mesi prima che sia trascorso il termine di ragionevole durata del processo;
- Nelle cause in cui non è applicabile il rito sommario, ivi compresi i giudizi di appello, proposizione dell’istanza di decisione a seguito di trattazione orale ai sensi dell’art. 281- sexiesp.c. almeno sei mesi prima che la durata del processo ecceda il termine ragionevole;
- Nelle cause in cui il Tribunale giudica in composizione collegiale, infine, il Giudice istruttore quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di trattazione orale, a norma dell’art. 281-sexies C.P.C., rimette la causa al collegio fissando l’udienza collegiale per la precisazione delle conclusioni e per la discussione orale.
La Legge Pinto consente la riparazione del danno patrimoniale inteso come danno emergente e lucro cessante e del danno non patrimoniale inteso specificatamente come danno morale, danno biologico e/o danno esistenziale derivante dalla eccessiva dilazione temporale.
La prova del danno e del nesso causale tra danno e durata spropositata del processo grava sul ricorrente.
L’Autorità giudicante è chiamata a pronunciarsi sul ricorso per equa riparazione entro il termine “ordinatorio” di 30 giorni dal deposito della domanda.
In caso di accoglimento il Giudice, ai sensi dell’art. 2 bis della L. 89/01, liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 400 euro e non superiore ad 800 euro, per ciascun anno o frazione di anno superiore a 6 mesi che eccede il termine ragionevole di durata del processo.
Appare superfluo chiarire che tale “antidoto” alla durata eccessiva dei processi previsto dalla Legge Pinto mira a rimediare ad una falla dell’intero ordinamento giuridico che andrebbe semplificato e snellito a monte al fine di eliminare quelle disfunzioni che comportano lungaggini irrazionali.
Avv. Sandra Amarù