Di recente, con le sentenze n. 3480 del 4.05.22 delConsiglio di Stato e n. 597 del 18.05.22 del CGA della regione Siciliana, la Giustizia Amministrativa è tornata a pronunciarsi sul principio del c.d. one shot temperato, un vincolo di derivazione giurisprudenziale che impedisce all’Amministrazione pubblica di esprimersi in modo analogo su una medesima questione per un numero infinito di volte dopo ogni annullamento giurisdizionale.
Va precisato che nel nostro ordinamento non vige il principio del cosiddetto one shot puro – in virtù del quale sarebbe preclusa all’Amministrazione la reiterazione del provvedimento di rigetto a seguito dell’annullamento di un primo provvedimento – bensì un principio differente, appunto temperato, che “consente all’Amministrazione pubblica che abbia subìto l’annullamento di un proprio atto, di rinnovarlo una sola volta e, quindi, di riesaminare l’affare nella sua interezza, sollevando tutte le questioni che ritenga rilevanti, senza potere in seguito tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati” (CGA, sent. 597 del 18.05.2022, ma anche Cons. St., sez. II, sent. n. 2378 del 14.04.2020).
Secondo la ricostruzione confermata di recente dal Giudice Amministrativo d’appello, al dovere della PA di riesaminare complessivamente la situazione a seguito della pronuncia di annullamento, consegue la definitiva preclusione per l’avvenire – e, in sostanza, per una terza volta – di tornare a decidere sfavorevolmente per il privato.
Si attribuiscono quindi all’Amministrazione due chances decisionali, all’esito delle quali essa esaurisce il proprio potere di rinnovazione, alla condizione che i giudicatiannullatori (quello afferente all’atto iniziale e quello afferente all’atto successivo) non riguardino vizi meramente procedimentali, bensì il merito della vicenda (così CdS, sent. 439 del 29.01.2015).
La ratio sottesa a tale principio è trovare un “punto di equilibrio tra due opposte esigenze, quali la garanzia di inesauribilità del potere di amministrazione attiva e la portata cogente del giudicato di annullamento con i suoi effetti conformativi” (CdS, sent. n. 3480 del 4.05.22).
L’esigenza di garantire il principio di rieffusività del potere amministrativo (corollario della tendenziale inesauribilità del medesimo) è così controbilanciata da quella di assicurare che le liti abbiano un termine, garantendo il rispetto del giudicato giurisdizionale, finalità a cui non può non essere data anche una lettura “a vantaggio” del privato, astrattamente costretto, in caso contrario, a ricorrere all’infinito contro nuovi atti della PA analoghi a quelli già giudicati illegittimi.
Avv. Giulia Cerrelli