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ACCORDI TRA PUBBLICHE AMMINISTRAZIONE AI SENSI DELL’ART. 15 DELLA L. N. 241/1990, IN DEROGA AL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI – ART. 5 COMMA 6, DLGS N. 50/2016; COMMENTO A SENTENZA TARS PALERMO SEZ. I, N.2365/2023 PUBBLICATA IN DATA 18.07.2023

Con la sentenza n. 2365 del 04.07.2023 pubblicata in data 18.07.2023, il TARS Palermo, sez. I, ha rigettato il ricorso proposto da una società Cooperativa con il quale si censurava la legittimità dell’accordo tra P.A. concluso ai sensi dell’art. 15 della L. n. 241/1990  tra la Regione Siciliana- Dipartimento Regionale Agricoltura- Servizio Fitosanitario  e la Federazione degli Ordini dei Dottori Agronomi  e dei Dottori Forestali della Sicilia, quest’ultima rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Francesco Fidone, coadiuvato dall’Avv. Filippo Nula.

Nel medesimo giudizio, mediante intervento adesivo autonomo, si costituiva un organismo rappresentativo di una categoria, il quale chiedeva l’accoglimento del ricorso principale della ricorrente.

Nel corso del giudizio la ricorrente proponeva domanda cautelare la quale veniva respinta dal Collegio con ordinanza n. 152/2023.

Avverso la medesima ordinanza, la ricorrente proponeva appello cautelare dinanzi al CGARS il quale rigettava la domanda rinviando al TARS Palermo per la celere fissazione dell’udienza di merito.

Ciò premesso,  il TAR Palermo, con la sentenza in commento, in via del tutto pregiudiziale e in accoglimento delle tesi difensive sostenute dalla Federazione, dichiarava l’inammissibilità dell’intervento adesivo autonomo in quanto il soggetto cointeressato avrebbe dovuto proporre impugnazione in via principale secondo il consolidato orientamento del Consiglio di Stato (cfr. C.d.S. sez. III, 3 aprile 2023, n. 3431).

Nel merito, il Collegio Palermitano provvedeva ad un’ampia disamina del quadro normativo di riferimento anche alla luce della giurisprudenza comunitaria –id est dell’art. 15 della Legge n. 241/1990, a mente del quale le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi  per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune enucleando, altresì, la disciplina di cui all’art. 5, comma 6 del d.lgs n. 50/2016 , disposizione quest’ultima che legittima la stipula di accordi tra p.a. in deroga al codice dei contratti pubblici qualora il predetto accordo soddisfi i presupposti congiunti della cooperazione – del perseguimento dell’interesse pubblico e che le Amministrazioni svolgano sul mercato aperto meno del 20% delle attività oggetto di cooperazione.

Orbene, nella fattispecie oggetto di scrutinio il Tar adito, con ampia ed esaustiva motivazione e in totale accoglimento delle difese avanzate dalla Federazione, rigettava il ricorso della società statuendo sulla  legittimità dell’accordo concluso tra le Amministrazioni.

Specificamente, il Collegio osservava che “Va intanto precisato che la effettività della cooperazione, quale partecipazione congiunta delle parti dell’accordo di cooperazione, costituisce requisito indispensabile, che non si ravviserebbe qualora l’unico contributo di una delle parti sia limitato al mero rimborso delle spese.

Il che significa anche che – mentre la previsione di un corrispettivo esclude certamente la sussistenza di un accordo ai sensi dell’art. 15 (v. Corte di giustizia UE, Sez. IX, sentenza 4 giugno 2020, C-429/19) – la previsione di un rimborso spese si pone quale elemento in sé neutro, in quanto la previsione del rimborso, e non del corrispettivo, di per sé non sarebbe dirimente al fine di escludere l’accordo di collaborazione dal campo di applicazione della normativa sugli appalti.

Infatti, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che neanche le fattispecie in cui l’unico contributo apportato da uno dei contraenti consiste nel mero rimborso delle spese sostenute da un altro contraente sono indiziarie di un’effettiva cooperazione, ma ben possono pienamente rientrare, in difetto delle condizioni cumulative prescritte, nella nozione di appalto pubblico ed essere dunque sottoposte alle regole dell’evidenza pubblica (Corte di Giustizia UE, 4 giugno 2020, C-429/19 cit.).

Sotto tale specifico profilo, la prospettazione di parte ricorrente – in astratto condivisibile – nel caso in esame si scontra con la stessa documentazione versata in atti dalla predetta con riguardo ai servizi di cui è affidataria: le deliberazioni depositate, oltre a non rendere chiaro quale sia esattamente il contenuto del servizio reso – e, pertanto, se esso sia esattamente sovrapponibile a quello oggetto dell’accordo di collaborazione – rendono evidente come vi sia un corrispettivo ben più elevato della somma prevista nell’accordo a titolo di rimborso spese.

La ricorrente, in particolare, comprova la sua professionalità nel settore specifico depositando due determinazioni di affidamento del servizio di sorveglianza del territorio della Regione Emilia Romagna, per accertare la presenza o l’assenza di organismi nocivi per le piante, con la previsione di un importo per due anni – rispettivamente, € 615.000,00; € 590.000,00 – molto più alto di quello previsto nell’accordo di collaborazione (a titolo di rimborso spese).

E, per quel che si può desumere da tali provvedimenti di aggiudicazione, l’oggetto consiste o nel supporto tecnico al monitoraggio; o, nella preliminare sorveglianza del territorio e la successiva preparazione dei campioni al fine di accertare la presenza (o l’assenza) di organismi nocivi per le piante.

Per cui – come anche eccepito dalla difesa della Federazione – è anche dubbio quale sia l’interesse concreto e attuale che sorregge l’impugnativa, in quanto dall’eventuale annullamento dell’accordo non conseguirebbe, neppure con un elevato margine di certezza, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica secondo i desiderata della ricorrente, ben potendo l’amministrazione regionale decidere, nell’ambito della sua ampia discrezionalità, una diversa organizzazione

del Servizio Fitosanitario Regionale. Ciò premesso, sotto il profilo della cura di un interesse pubblico comune, vanno richiamati in primo luogo:

– l’art. 2, lett. i), della l. n. 3/1976, secondo cui “1. Sono di competenza dei dottori agronomi e dei dottori forestali le attività volte a valorizzare e gestire i processi produttivi agricoli, zootecnici e forestali, a tutelare l’ambiente e, in generale, le attività riguardanti il mondo rurale. In particolare, sono di competenza dei dottori agronomi e dei dottori forestali:

  1. i) … la difesa fitoiatrica…”;

– l’art. 21 ter, lett. g), della stessa l. n. 3/1976, secondo cui la Federazione “può compiere studi, indagini ed altre attività anche su commessa e con contributi della pubblica amministrazione”.

È, pertanto, lo stesso legislatore ad avere attribuito alla Federazione – la quale, peraltro, è un ente pubblico economico ed ente intermedio rappresentativo della categoria – il compito di perseguire tale interesse pubblico.

Si deve, inoltre, stabilire se sussista effettivamente una cooperazione tra le due amministrazioni parti dell’accordo, con una divisione di ruoli, responsabilità, per il raggiungimento di obiettivi comuni, in quanto:

– “l’accordo deve perseguire, in forma cooperativistica e con collaborazione

effettiva, le funzioni pubbliche delle Amministrazioni partecipanti; in questo

contesto possono essere inserite nella cooperazione anche attività complementari e accessorie rispetto alla funzione pubblica perseguita dall’amministrazione, purché tali attività ausiliarie concorrano alla realizzazione effettiva della funzione di servizio pubblico oggetto della cooperazione.” (v. Consiglio di Stato, Sez. V, 25 marzo 2022, n. 2201);

– “…la partecipazione congiunta di tutte le parti dell’accordo di cooperazione è

indispensabile per garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati e che tale condizione non può essere considerata soddisfatta qualora l’unico contributo di talune controparti contrattuali si limiti a un mero rimborso spese…” (Corte di giustizia dell’Unione europea, nona Sezione, 4 giugno 2020, C- 429/19 cit.).

Nel caso di specie tale attività comune si desume, ad avviso del Collegio, dall’esame degli articoli 3 e 8 dell’accordo:

– in base all’art. 3, la Regione mette a disposizione le proprie strutture, nonché le risorse necessarie per lo svolgimento delle attività, compresa l’attività di formazione preliminare dei tecnici, cui verrà attribuita la qualifica di assistente fitosanitario; la Federazione mette a disposizione le proprie strutture, il supporto del proprio background, le proprie competenze tecnico scientifiche e professionali nonché i materiali, la documentazione e le banche dati necessari;

– l’art. 8 prevede la proprietà, in capo ad entrambe le Amministrazioni, dei risultati delle attività svolte, utilizzabili nell’ambito della propria attività istituzionale, anche per redigere documenti.

A quanto finora rilevato deve anche aggiungersi:

 – l’esistenza di obiettivi di rilevanza pubblica comuni ai due soggetti pubblici dell’accordo – e quantomeno parzialmente coincidenti – con particolare riguardo alle funzioni della Federazione, quali disegnate dall’art. 21 ter della l. n. 3/1976, lettere c), f), g), anche con specifico riguardo alla funzione di promozione e coordinamento sul piano regionale delle “attività di aggiornamento e di formazione tra gli iscritti agli ordini” (v. lettera f) dell’art. 21 ter);

– la specifica professionalità degli iscritti – in quanto tutti gli agronomi devono essere iscritti all’albo, e la Federazione si pone quale ente intermedio – e le risorse complessivamente messe a disposizione dalla Federazione, la quale si è, peraltro, impegnata con lo stesso accordo ad effettuare una selezione trasparente per la individuazione dei soggetti cui affidare i compiti specificati”.

Sulla scorta della superiori argomentazioni, conclusivamente il Collegio provvedeva alla reiezione del ricorso per ritenuta infondatezza, dichiarando inammissibile l’intervento ad adiuvandum .

Avv. Filippo Nula

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