A fronte di un’istanza di compensazione prezzi, presentata ai sensi dell’art. 26 del D.L. n. 50/2022 (Decreto Aiuti), la stazione appaltante ha l’obbligo di provvedere nei confronti del richiedente.
Tale principio giuridico è stato affermato dal TAR Sicilia Palermo con la recente sentenza del 18 ottobre 2023, n. 3088, con la quale il G.A. ha accolto il ricorso di un’impresa di costruzioni che ha richiesto l’accertamento dell’obbligo da parte di un Comune di provvedere sull’istanza presentata ai sensi dell’art. 26 del D.L. n. 50/2022, convertito con legge n. 91/2022 e modificato con legge n. 197/2022, al fine di ottenere l’adozione di uno o più Certificati di Pagamento straordinari in conformità ai prezzari aggiornati, nonché la liquidazione dei maggiori importi dovuti.
In particolare, in conseguenza dell’eccezionale aumento dei prezzi dei materiali, rispetto a quelli considerati in sede di offerta, la società istante aveva infatti presentato alla stazione appaltante un’istanza per l’applicazione della disciplina del Decreto Aiuti per conseguire la maggiorazione degli importi sul costo dei materiali.
Con la sentenza in commento, il Giudice Amministrativo ha avuto modo di ricostruire l’evoluzione della normativa che, nella sua versione originaria, si riferiva agli appalti di lavori aventi termine finale di presentazione dell’offerta il 31 dicembre 2021, stabilendo l’obbligo di aggiornamento dei prezzi da applicare ai SAL contabilizzati nell’anno 2022 sulla base dell’aggiornamento (analitico o forfettario) dei prezziari regionali.
Per quanto concerne l’anno 2023, la legge di bilancio (legge n. 197/2022) ha inserito, tra gli altri, il comma 6 bis all’art. 26 del D.L. 50/2022, sostanzialmente estendendo lo speciale meccanismo di aggiornamento dei prezzi, previsto per i lavori eseguiti nel 2022, anche ai lavori eseguiti o contabilizzati nel 2023.
E ciò, in estrema sintesi, come previsto nella sentenza in commento, “applicando i prezzari aggiornati dalle Regioni entro il 31 luglio, ovvero, nelle more di tale aggiornamento, incrementando fino al 20% le risultanze dei prezzari vigenti (v. art. 26, co. 3)”.
Più in dettaglio la nuova disposizione normativa ha previsto che:
1) il SAL relativo alle lavorazioni eseguite o contabilizzate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023 venga adottato applicando prezzari regionali aggiornati annualmente, anche in deroga a specifiche clausole contrattuali; nelle more dell’aggiornamento annuale dei prezzari, le Stazioni appaltanti potranno continuare ad utilizzare l’ultimo prezzario adottato, fermo restando il successivo conguaglio, in aumento o diminuzione (nuovo comma 6 quinquies);
2) i maggiori importi derivanti dall’applicazione dei prezzari aggiornati saranno riconosciuti, al netto del ribasso d’asta, nella misura del 90 per cento, come già avvenuto per i lavori eseguiti nel 2022 e nei limiti delle risorse disponibili;
3) le risorse utilizzabili dalle stazioni appaltanti sono, anzitutto, quelle interne (il 50 per cento degli accantonamenti per imprevisti; eventuali ulteriori somme a disposizione; somme disponibili relative ad altri interventi ultimati); e, in caso di insufficienza di queste ultime, per l’anno 2023, le stazioni appaltanti che non abbiano avuto accesso ai Fondi per l’anno 2022, accedono al riparto del “Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche” nei limiti delle risorse assegnate, e secondo le modalità stabilite con apposito D.M..
Come chiarito dalla pronunzia in esame, “Con la prima versione normativa dell’art. 26, per le lavorazioni già effettuate tra il 1° gennaio 2022 e la data di entrata in vigore della disposizione (18 maggio 2022), nel caso in cui il certificato di pagamento sia stato già emesso, come nel caso in esame, è stata prevista l’emissione, entro trenta giorni dall’entrata in vigore, di un certificato di pagamento straordinario. Quanto alle modalità di liquidazione delle somme, la norma prevede che il certificato di pagamento venga emesso contestualmente allo stato di avanzamento dei lavori o comunque entro cinque giorni dall’adozione del medesimo”.
Il pagamento deve essere effettuato al netto delle compensazioni eventualmente già riconosciute o liquidate, ai sensi dell’art. 106, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, ed entro i termini di cui all’art. 113 bis, co. 1, primo periodo, dello stesso d.lgs. n. 50/2016 (vale a dire, in linea di principio, entro trenta giorni dall’adozione dello stato di avanzamento dei lavori).
La ricorrente ha, quindi, chiesto l’applicazione del meccanismo di aggiornamento dei prezzi sia per l’anno 2022 che per l’anno 2023 ed il TAR adito ha ritenuto fondata l’azione avverso il silenzio nei limiti dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, atteso che sono necessari adempimenti istruttori, anche con riferimento al reperimento delle risorse, che devono essere compiuti dall’amministrazione, ex art. 31, co. 3, c.p.a., in applicazione dell’art. 26 del d.l. n. 50/2022.
A tal riguardo, il TAR Sicilia ha richiamato consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, alla stregua della quale <<l’obbligo giuridico di provvedere, di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990, sussiste ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, derivandone che il silenzio-rifiuto è un istituto riconducibile a inadempienza dell’Amministrazione, in rapporto a un sussistente obbligo di provvedere che, in ogni caso, deve corrispondere ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento. Tale obbligo è rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 11 settembre 2014, n. 4696)…” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 5, che richiama Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 settembre 2014, n. 4696; in termini anche Consiglio di Stato, Sez. II, 14 maggio 2021, n. 3788)>>.
In conclusione, il Giudice Amministrativo ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune, in qualità di ente appaltante, con correlata declaratoria dell’obbligo di adottare una determinazione esplicita e conclusiva sull’istanza entro sessanta giorni, con nomina di commissario ad acta in caso di ulteriore inadempimento.
Avv. Rosario Giommarresi